Il mio viaggio in Africa, iniziato negli anni Ottanta in un’ottica turistica, si è trasformato nei primi anni Duemila in una necessità di esplorazione e apprendimento spirituale, nata dalla consapevolezza che, nell’Africa rurale, fuori dalle rotte turistiche e dalle attività economiche dei bianchi e dei gialli, esistono ancora popoli che rispettano l’armonia naturale, perché ancora animati dalla coscienza collettiva, e non dall’egoismo della coscienza individuale.
E così ho cominciato a viaggiare nelle zone più remote dell’Africa, avendo come obiettivo l’entrare in contatto con comunità non contaminate dalla nostra cultura.
Ho comunque potuto conoscere popoli come gli Ik nel nord dell’Uganda, i Dassenech sull’ Omo River, i Turkana che abitano sulle rive occidentali dell’omonimo lago, i Mucubais e gli Himba del sud-ovest dell’Angola, i popoli saheliani che oggi vivono nella Red Zone tra Niger, Burkina Faso e Mali e i Bijagos delle isole della Guinea Bissau…