Il 9 dicembre 2004 atterriamo con Fredi all’aeroporto di Trinidad. Prendiamo un taxi per andare a visitare le due distillerie. Dopo aver visitato e fotografato regolarmente Angostura, con la sua multicolonna che la fa sembrare più simile a una raffineria che a una distilleria, arriviamo alla Caroni, di proprietà statale, situata a sud di Port of Spain, tra la capitale e l’aeroporto Piarco.
Quando arriviamo ai cancelli, mi chiedo se siamo nel posto giusto. Quello che ci troviamo davanti è uno spettacolo inaspettato. Gli edifici sono abbandonati, all’interno di un paesaggio alla Day After. Erba alta ricopre le rotaie su cui veniva trasportata la melassa alla distilleria, i rottami sono ovunque, la torre contenente le colonne di distillazione è diroccata e pende come la torre di Pisa. Una situazione completamente inaspettata.
Avvicinandomi al cancello d’entrata vedo all’interno una donna, in lontananza, e cerco di attirare la sua attenzione chiamandola a voce molto alta. La donna mi sente, ci vede, si avvicina.
Prima di tutto le chiedo di confermarmi se siamo nel posto giusto. E lei lo conferma: sono proprio le distillerie Caroni.
«What happens?» le chiedo quindi.
«What happens?!» mi fa lei. «Don’t you know what happens?»
L’anno precedente, ci spiega, il governo ha chiuso la Caroni Sugar Factory, l’ultima in attività sull’isola, nazionalizzata negli anni Settanta. Di conseguenza erano finite sulla strada 13.000 persone che lavoravano alla coltivazione della canna da zucchero e la distilleria è rimasta abbandonata.
Sfiduciato, chiedo se per caso sia rimasto qualche barile ancora da imbottigliare. Ed è allora che la donna mi guarda, gesticola, e mi dice: «What?!» E poi: «Come with me!»
Entriamo e la seguiamo. Camminiamo tra macerie, rottami, pezzi di lamiera, spazzatura ed erba alta fino alle ginocchia. Arriviamo davanti a un grande magazzino. La donna apre le porte. E io non posso credere ai miei occhi.
Migliaia di botti sono accatastate nel magazzino.
[Brano tratto da Nomade tra i barili, di Luca Gragano]